Sla, la cannabis terapeutica aiuta a ridurre i sintomi

La cannabis terapeutica può ridurre i sintomi della spasticità, principale causa di disabilità in chi soffre di malattie del motoneurone (MND) come la sclerosi laterale amiotrofica (SLA). Lo dimostra uno studio multicentrico pubblicato su Lancet Neurology da un gruppo di ricercatori italiani, fra cui Gabriele Mora, neurologo e direttore scientifico dell’IRCCS Maugeri di Milano, e un gruppo di medici e ricercatori dell’IRCCS Ospedale San Raffaele e dell’Università Vita-Salute San Raffaele, guidati da Giancarlo Comi, direttore dell’Istituto di Neurologia Sperimentale e coordinatore dell’area neurologica. La ricerca è stata possibile grazie al sostegno della Fondazione Italiana di Ricerca per la Sclerosi Laterale Amiotrofica (AriSLA).
I ricercatori hanno reclutato 59 pazienti sopra i 18 anni affetti da MND con evidenti sintomi di spasticità. “A un campione di 29 pazienti veniva somministrato il farmaco derivato dalla cannabis sativa (nabiximols), gli altri 30, contemporaneamente, ricevevano con le stesse modalità un placebo _ spiega Mora _. Essendo in ‘doppio cieco’ medici e pazienti non sapevano chi era in trattamento e chi in placebo”. Venti dei pazienti totali erano appunto fra quelli seguiti del Centro milanese della Maugeri. “Abbiamo somministrato per 6 settimane cannabinoidi in spray che contenevano una stessa parte di tetraidrocannabinolo (THC) e di cannabidiolo (CBD) e i pazienti potevano accedere liberamente, secondo la loro tolleranza, a 12 spruzzi giornalieri”. In una seconda fase, a entrambi i gruppi è stato somministrato il farmaco. La cannabis “fumata” ha un rapporto di 17 a 1 fra THC e CBD mentre quella “light” alla base di alcuni alimenti e integratori autorizzati non contiene THC. La terapia utilizzata per lo studio _ a base di derivati dalla cannabis sativa _ è stata recentemente approvata per il trattamento sintomatico della spasticità nella sclerosi multipla.
Un farmaco sicuro
Lo studio, aggiunge Mora, “ha documentato una riduzione del dolore causato dalla rigidità, dagli spasmi, e una migliore qualità del sonno”. Un trattamento che, aggiunge il neurologo, “è stato abbastanza ben tollerato: nessuno l’ha interrotto, non ci sono stati eventi avversi gravi, e gli effetti collaterali sono stati molto modesti in termini di spossatezza, vertigini, sonnolenza. Un farmaco sicuro secondo tutte le scale adottate, dalla Ashworth, che misura il livello di spasticità, al test del cammino, agli altri indici relativi ad altri parametri vitali. Si tratta di uno studio importante, visto che, malgrado i progressi della terapia genica, a oggi dobbiamo occuparci soprattutto della sintomatologia di questa malattia: dalla disfagia, ossia la difficoltà nella deglutizione, alla conseguente scialorrea, emissione di saliva in eccesso, alla ventilazione polmonare, alla labilità emotiva. Per un paziente che, in una certa fase del decorso, diventa immobile in un letto che la qualità del sonno migliori è certamente importante”.
Risultato positivo
“Dopo sei settimane di trattamento abbiamo rilevato nei pazienti trattati con il farmaco cannabinoide un miglioramento significativo dei sintomi correlati alla spasticità rispetto ai pazienti trattati con placebo” afferma Nilo Riva, neurologo e primo autore dell’articolo, che ha condotto lo studio insieme a Mauro Comola presso l’Ospedale San Raffaele. “Il risultato positivo di questa sperimentazione clinica deriva non solo dalla dimostrata efficacia di questa associazione di cannabinoidi, ma anche dal buon profilo di sicurezza e tollerabilità che è fondamentale”, aggiunge il professor Giancarlo Comi. L’impiego di farmaci derivati dalla cannabis per queste patologie è ancora più interessante visti i risultati di alcune ricerche recenti svolte sul modello animale della SLA, secondo cui i cannabinoidi sarebbero in grado di rallentare la perdita delle capacità motorie e aumentare la sopravvivenza degli animali trattati, agendo quindi in funzione neuroprotettiva. Occorrono tuttavia ulteriori studi per testare l’ipotesi anche in ambito clinico.
Motoneuroni danneggiati
Le malattie del motoneurone (MND) sono patologie caratterizzate da una degenerazione precoce dei cosiddetti motoneuroni, i neuroni responsabili del movimento, localizzati a livello della corteccia cerebrale, del tronco encefalico e nel midollo spinale. Quando i motoneuroni sono danneggiati, i movimenti diventano progressivamente difficoltosi: in seguito alla degenerazione dei motoneuroni corticali può comparire rigidità muscolare progressiva, mentre a seguito della perdita dei motoneuroni spinali la massa muscolare si riduce. Tra le malattie del motoneurone, che costituiscono un gruppo eterogeneo di patologie, la più conosciuta e aggressiva è la sclerosi laterale amiotrofica (SLA). Nonostante i risultati promettenti di molte ricerche, le cause di queste patologie restano ancora sconosciute e i farmaci ad azione neuroprotettiva a oggi disponibili hanno dimostrato di avere effetti marginali sull’evoluzione della malattia. Pertanto, le cure dei pazienti affetti da MND sono rivolte ad alleviare alcuni sintomi, con l’obiettivo di migliorare la qualità di vita dei pazienti. La spasticità è tra i sintomi più comuni e invalidanti. Ciò nonostante, fino a oggi, il trattamento della spasticità nei pazienti affetti da SLA e altre malattie del motoneurone non era stato oggetto di studi sistematici.
Centri di eccellenza
Questo studio multicentrico è frutto di una collaborazione tra più centri di eccellenza per la cura delle malattie del motoneurone: oltre al Dipartimento di Neurologia dell’IRCCS Ospedale San Raffaele, hanno partecipato l’Istituto Clinico Scientifico Maugeri di Milano, il Dipartimento di Neuroscienze dell’Università di Padova e il Centro Clinico Nemo-Ospedale Niguarda di Milano. La ricerca è stata possibile grazie al sostegno di Fondazione Italiana di Ricerca per la Sclerosi Laterale Amiotrofica (AriSLA) in sinergia con la Fondazione Vialli e Mauro per la Ricerca e lo Sport onlus, di GW Pharmaceuticals e di Almirall.