Ictus. In Italia servirebbero più Stroke Unit

In Italia sono ancora troppo poche le Stroke Unit, le Unità specializzate nella terapia dell’ictus cerebrale: per gestire gli oltre 100mila italiani che ogni anno sono vittima di ictus ne servirebbero circa 300 su tutto il territorio nazionale, invece ce ne sono soltanto 190 e per l’80 per cento si trovano nel Nord del Paese. Lo denunciano gli esperti della Società italiana di cardiologia interventistica (Gise), che osservano come in questo modo troppi pazienti tuttora non riescano ad accedere alle terapie più all’avanguardia.
Il tempo è cervello
Con l’ ictus non c’è tempo da perdere e per avere le migliori possibilità di sopravvivenza senza disabilità residue è fondamentale intervenire prima possibile dopo l’esordio dei sintomi: se si verifica un ictus ischemico, che rende conto di circa l’80 per cento dei casi e dipende dalla presenza di un trombo che occlude un’arteria del cervello, si possono infatti liberare le arterie cerebrali occluse utilizzando farmaci per la trombolisi in grado di scioglierlo oppure, quando il trombo si trova in arterie di calibro maggiore, si può intervenire con una procedura di trombectomia per rimuovere l’occlusione meccanicamente mediante un catetere. Entrambe le possibilità di intervento però sono tempo-dipendenti: la trombolisi garantisce risultati se effettuata entro 4,5-9 ore dall’esordio dei sintomi, la trombectomia ha una finestra di intervento più lunga, fino a 16/24 ore. È perciò fondamentale arrivare per tempo in una Stroke Unit, così da poter essere sottoposti rapidamente all’intervento più adeguato e con maggiori probabilità di riuscita; purtroppo non accade sempre, anzi.
Pochi ricevono le terapie
La carenza di Stroke Unit, specialmente al Centro-Sud, fa sì che tanti non arrivino entro tempi sufficienti a rendere possibile un intervento specifico. “La trombectomia ha una finestra temporale entro cui intervenire più lunga rispetto alla trombolisi (anche se ha limiti di utilizzo perché il catetere con cui rimuovere l’occlusione richiede vasi di un certo calibro, ndr), ma in Italia è difficile garantirla ai tanti pazienti per cui ve ne sarebbe l’indicazione perché colpiti da ictus della carotide interna o dell’arteria cerebrale media, che hanno anche una patologia più grave e sequele di disabilità maggiori _ osserva Giovanni Esposito, presidente Gise _. In tutto il Paese solo il 37 per cento dei pazienti candidabili a trombectomia intracranica viene sottoposto al trattamento endoarterioso e questo dipende in buona parte dalla carenza delle Stroke Unit: la maggioranza dei trattamenti è effettuata in pochi centri, anche perché una presenza di specialisti h24 è assicurata solo in una minoranza delle strutture. Potenziare la rete e consentire a tutti gli italiani, ovunque, di poter essere sottoposti a terapie tempestive e adeguate a limitare le devastanti conseguenze di un ictus deve essere un obiettivo irrinunciabile del prossimo futuro”.
Fonte: Corriere della Sera