Disability manager, figura ancora poco conosciuta

Chi è il disability manager? Si tratta di un professionista con specifiche competenze che, partendo dai bisogni della persona con disabilità (anche temporanea), si attiva coi soggetti coinvolti e individua soluzioni “su misura”, dai servizi esistenti agli accomodamenti ragionevoli, per favorire la sua autonomia e inclusione nel contesto di riferimento e nei diversi ambiti della vita, al pari degli altri cittadini, come stabilisce la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, in Italia legge dello Stato dal 2009. Formalmente questa figura è stata introdotta per la prima volta nel nostro Paese con il Libro bianco su «Accessibilità e mobilità urbana» (2009), curato dal tavolo tecnico istituito tra Comune di Parma e ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche sociali, che raccomandava il suo inserimento, con la qualifica di “responsabile in materia di disabilità”, nelle città con più di 50 mila abitanti.
Oggi, sia pure a macchia di leopardo e con modalità e inquadramenti diversi, il disability manager è presente in diversi Comuni ma anche in aziende, strutture sanitarie, pubblica amministrazione, turismo. In assenza di un quadro normativo ben delineato e omogeneo, a fare chiarezza sugli ambiti di azione definendo per ciascuno di essi ruoli e funzioni, è il “Manifesto del disability manager” della Società Italiana Disability Manager (SIDiMa), pubblicato in formato ebook e scaricabile gratuitamente (casa editrice “Il Prato”). “Non ci s’improvvisa disability manager, né la sua nomina può essere un’operazione di facciata”, premette Rodolfo Dalla Mora che è anche presidente di SIDiMa. “E’ un professionista con competenze specifiche acquisite attraverso un percorso formativo dedicato, che mette in atto nei vari ambiti in cui opera, dove può essere inquadrato come dipendente o consulente esterno, purché remunerato”, precisa Dalla Mora. “Come Società scientifica abbiamo voluto rilanciare col Manifesto, aperto al contributo di tutti, il ruolo del disability manager nell’attuale contesto storico. Le buone prassi finora raccolte dimostrano come questo professionista riesca a essere propulsore di una reale cultura inclusiva nei contesti in cui è inserito. Ora è auspicabile una chiara regolamentazione normativa di supporto”.
Un contributo reale
Rendere le città inclusive e vivibili per tutti (persone con disabilità ma anche anziani e genitori con passeggini) è tra gli obiettivi da raggiungere entro il 2030, in base all’Agenda Onu per lo sviluppo sostenibile. Già nel 2009 il Libro bianco sollecitava le amministrazioni locali a intervenire sul contesto ambientale _ promuovendo in particolare l’accessibilità (fisica, culturale, dell’informazione) e la mobilità _ per ridurne l’impatto sulla vita delle persone con disabilità, intesa non come una “caratteristica” dell’individuo ma il risultato della relazione tra le condizioni di salute e un ambiente sfavorevole (Icf-Classificazione Internazionale Funzionamento, disabilità e salute). Qual è, o può essere, il contributo del disability manager? “E’ un ‘facilitatore’ dell’inclusione, che si adopera per trovare soluzioni di cambiamento in stretta sinergia con gli organi dell’amministrazione locale, cittadini, enti, associazioni di volontariato, di categoria e aziende partecipate”, risponde Dalla Mora. “Per esempio, c’è chi ha bisogno di una consulenza per adattare l’abitazione, chi di informazioni accessibili o di altri servizi. In ogni caso, il modello da perseguire è l’accessibilità universale”. In questa direzione va il protocollo d’intesa sottoscritto da SiDiMa con ANCI, Associazione Nazionale Comuni Italiani.
Sul posto di lavoro
Disability manager o uffici di disability management sono diffusi soprattutto in aziende di grandi dimensioni e multinazionali, per le quali il lavoratore con disabilità è una risorsa da valorizzare, a prescindere dalle norme sul collocamento obbligatorio. Qual è il ruolo di questi professionisti? “Trovare soluzioni personalizzate che consentano al lavoratore di esprimersi in base alle proprie competenze e capacità”, afferma Rodolfo Dalla Mora, presidente SiDiMa. Tra le misure rientrano gli “accomodamenti ragionevoli” che i datori di lavoro sono tenuti ad adottare, purché non eccessivamente onerosi. “Per esempio può essere un mouse speciale per la carrozzina o un computer con screen reader per un non vedente”, spiega. C’è chi ha bisogno di ritmi di lavoro adattati. “La pandemia ha sdoganato lo smart working ma, per far sì che questo accomodamento ragionevole per antonomasia sia davvero una modalità di lavoro inclusiva per le persone con disabilità, va gestito con professionalità e competenza, per esempio, con tecnologie abilitanti _ sottolinea Dalla Mora _, e il ruolo del disability manager è cruciale”.