Alzheimer: casi in aumento, ma assistenza insufficiente

Secondo gli ultimi dati del “Rapporto mondiale Alzheimer”, ogni anno si registrano quasi 10 milioni di nuovi casi, circa uno ogni tre secondi. Nel mondo si stimano circa 47 milioni di persone affette da demenze di cui il 60-70% con Alzheimer e l’Italia risulta all’ottavo posto per il numero di persone colpite da queste malattie: si stimano più di 1,4 milioni di malati di cui circa la metà affetti da Alzheimer. A causa dell’invecchiamento della popolazione si prevede che nel corso dei prossimi 30 anni i casi triplicheranno ed entro il 2050 ne sarà affetta 1 persona su 85 a livello mondiale coinvolgendo 133,5 milioni di persone. A ricordarlo ieri, in occasione della XXIV Giornata mondiale Alzheimer sono stati Gabriella Salvini Porro, presidente della Federazione Alzheimer Italia e il professor Sandro Sorbi, presidente di Airalzh Onlus.
In attesa di cure più efficaci, bisogna imparare a prendersi cura delle persone affette dalla malattia di Alzheimer, sempre più numerose e in continua crescita. “La persona con demenza deve essere vista per quello che è: prima di essere un malato, è una persona esattamente come tutti noi, con una dignità che va rispettata e tutelata. Combattere la disinformazione significa battersi contro l’attuale e ingiustificata stigmatizzazione dei malati e dei loro familiari. Dobbiamo cercare di far capire a tutti coloro che non hanno mai avuto un’esperienza diretta con una persona con demenza, che il malato che hanno di fronte non solo potrebbe essere un suo genitore, ma potrebbe essere lui stesso”, ha fatto notare Gabriella Salvini Porro, sottolineando come, allo stato attuale, impegnarsi in questa direzione possa verosimilmente migliorare la qualità di vita dei malati più di quanto non possano fare i farmaci per ora disponibili. Lo stigma che ancora circonda le persone con demenza va contrastato anche combattendo i tanti falsi miti, l’ignoranza e le paure infondate, come ricorda John Sandblom, persona con demenza e fondatore di Dementia Alliance International (DAI), l’associazione internazionale delle persone con demenza. “La demenza è l’inevitabile conseguenza dell’invecchiamento”, “Noi persone con demenza non siamo in grado di comunicare e funzionare in pubblico”, “Non possiamo vivere bene con la demenza”: sono questi alcuni dei falsi miti contro cui si sta battendo John, che aveva solo 48 anni quando ha ricevuto, nel 2007, la diagnosi di demenza. John Sandblom, nel suo intervento in occasione della Giornata mondiale Alzheimer, si è soffermato anche sull’importanza della creazione delle Dementia Friendly Community: luoghi dove i malati possono, insieme ai loro familiari, essere davvero ascoltati, inclusi nella comunità.
Sulla scia di quanto già accaduto in molti altri Paesi, anche in Italia stanno prendendo piede le prime Comunità amiche di persone con demenza, con l’obiettivo di rendere la città, con i suoi spazi, le sue iniziative e le sue relazioni sociali, fruibile anche per le persone con demenza, evitando così di isolarle. In queste comunità, attraverso la promozione di un alto livello di consapevolezza pubblica della demenza, si cerca di fare in modo che i malati si sentano sempre parte della comunità in cui vivono e possano parteciparvi in modo attivo. Lo scorso anno ad Abbiategrasso, vicino a Milano, la Federazione Alzheimer Italia ha lanciato il primo progetto di Comunità amica delle persone con demenza, finora esteso ad altre sei cittadine italiane. Obiettivo finale è quello di mettere a punto un percorso per creare questo tipo di comunità su tutto il territorio italiano.
“Per contrastare e sconfiggere l’Alzheimer purtroppo non esistono ancora terapie risolutive _ ha spiegato il professor Sandro Sorbi, presidente di Airalzh Onlus, Associazione Italiana Ricerca Alzheimer _. Esiste solo la ricerca, unica arma per rallentare e bloccare la progressione della malattia e per effettuare diagnosi sempre più precoci e tempestive”. Per questo, in occasione della XXIV° Giornata Mondiale dell’Alzheimer, Airalzh Onlus ha ribadito l’importanza di proseguire negli studi. Già dall’anno scorso, la onlus ha promosso la ricerca nel campo grazie all’erogazione dei 25 assegni banditi dall’Università di Firenze e finanziati da Coop per un valore di 600.000 euro all’anno per 3 anni. Così 25 giovani ricercatori italiani di altrettanti centri di eccellenza _ distribuiti in 14 regioni _ hanno potuto lavorare nei settori della biologia, della ricerca clinica e delle biotecnologie applicate alla malattia di Alzheimer. “Siamo tutti consapevoli _ ha detto il professor Sorbi _ che i risultati della ricerca richiedono tempo, costanza e impegno. Un anno di attività è un tempo molto breve per attendersi importanti risultati, ma questi giovani ricercatori hanno profuso moltissimo entusiasmo raggiungendo già dei risultati apprezzabili e contiamo su questo progetto di rete, nel quale sono coinvolti consolidati centri di ricerca italiani _ da molto tempo impegnati nello studio della malattia di Alzheimer e delle demenze _ per rafforzare la speranza”.