Tumore al seno e linfomi: arriva la chemio sottocute

Ridurre il tempo di somministrazione di un farmaco antitumorale da un’ora e mezza a 5 minuti, mantenendo lo stesso effetto, significa migliorare la qualità di vita del paziente, accorciare i tempi di attesa in ospedale e risparmiare risorse da poter reinvestire. Il come è presto spiegato: tutto ciò è possibile grazie alle iniezioni sottocutanee _ e non più endovena _ di alcune molecole utili nella cura del tumore al seno e dei linfomi. Una nuova modalità destinata a cambiare in meglio la vita dei malati e l’organizzazione ospedaliera. Un dato su tutti: attraverso questa via è possibile risparmiare oltre 60 milioni di euro in costi sociali e organizzativi. E’ quanto emerge da uno studio ALTEMS, l’Alta Scuola di Economia e Management dei Sistemi Sanitari dell’Università Cattolica Sacro Cuore di Roma.
Non più chemio in vena
Tra i farmaci più utilizzati per affrontare alcune forme tumorali di cancro al seno e di linfoma non Hodgkin ci sono, rispettivamente, trastuzumab e rituximab, anticorpi monoclonali che hanno rivoluzionato la terapia di queste malattie. La via principale di somministrazione è sempre stata quella endovenosa. Tale metodo, oltre ad essere caratterizzato da tempi sensibilmente lunghi, richiede la presenza di un accompagnatore e comporta il rallentamento dei flussi lavorativi dello staff medico. Da qualche tempo grazie allo studio di nuovi metodi di somministrazione per alcune molecole è possibile procedere con la somministrazione sottocute senza comprometterne l’efficacia. Ed è questo il caso di trastuzumab e rituximab.
La qualità di vita cambia
Il vantaggio di questo tipo di somministrazione è innanzitutto per il paziente. “Da oncologa e da donna _ spiega Alessandra Cassano, Dirigente Medico UOC di Oncologia Medica presso la Fondazione Policlinico Universitario Gemelli di Roma _ ritengo che poter offrire alle pazienti una soluzione di cura che permette loro di conciliare il momento della terapie con l’attività lavorativa e la routine quotidiana sia un valore clinico e sociale cui possiamo e dobbiamo tendere tutti”.
Ospedali più organizzati
Ma il vantaggio non si ferma alla sola persona bensì, a cascata, si ripercuote anche sulla qualità delle cure erogate. I costi economici e organizzativi legati alla somministrazione dei farmaci infatti impattano in modo rilevante sulla gestione delle strutture ospedaliere dedicate al trattamento delle malattie oncologiche. “Quello che cambia in modo clamoroso _ spiega Vito Antonio Delvino, Direttore Generale Istituto Tumori Giovanni Paolo II IRCCS di Bari _ è il tempo che impiegano gli operatori sanitari a preparare il farmaco prima e ad assistere il paziente poi una somministrazione sottocutanea che dura 5 minuti si traduce in 5 ore in meno di lavoro per infermieri, medici e farmacisti per ciascuno paziente, tempo che può essere dedicato all’ottimizzazione delle risorse”.
Risparmio per il sistema sanitario
Vantaggi non solo visibili a pazienti ed addetti ai lavori bensì quantificati grazie allo studio di ALTEMS. La ricerca evidenzia infatti che l’adozione di terapie brevi consente di ottenere efficienza organizzativa e operativa dei day-hospital, con dimezzamento del tempo impiegato da infermieri e farmacisti, e risparmi economici che si concretizzano in costi sociali evitati pari a oltre 60 milioni di euro complessivi (31,5 milioni di euro in oncoematologia e 30 milioni di euro in oncologia). “Il cambiamento delle vie di somministrazione dei due anticorpi monoclonali _ spiega Americo Cicchetti, Direttore ALTEMS _ non modifica i livelli di efficacia e sicurezza già molto elevati in questi farmaci ma il passaggio dalla somministrazione endovena a quella sottocute rappresenta una vera e propria rivoluzione sotto il profilo organizzativo e riduce i costi dell’assistenza. Ma a beneficiare di più sono proprio i pazienti con un significativo miglioramento della loro qualità di vita”.