Sanità. I pronto soccorso vicini al collasso

SOS pronto soccorso. Il grido di aiuto, questa volta, arriva dai medici che ci lavorano. “Gestiamo un sovraffollamento cronico di pazienti con equipe sotto organico. Nei reparti di emergenza-urgenza mancano quasi 5mila unità. La carenza riguarda tutta Italia, da Nord a Sud. Nei primi cinque mesi del 2022 sono già circa 600 i colleghi che si sono dimessi, sia tra i giovani sia tra i più anziani, e in nove strutture su dieci almeno uno ha intenzione di andarsene entro 12 mesi. Preferiscono il privato o altre specialità, come la medicina generale, qualcuno la medicina estetica”.
100 medici al giorno che lasciano
Beniamino Susi lo denuncia per conto della Società italiana di medicina d’emergenza-urgenza (Simeu), di cui è vicepresidente nazionale, che venerdì scorso ha aperto il suo congresso nazionale a Riccione, e una settimana fa ha sottoposto un questionario agli oltre 400 pronto soccorso del Paese. Più o meno cento medici al giorno dall’inizio dell’anno hanno mollato l’incarico. “L’equivalente del team che forma quattro-cinque centri di soccorso”, fa notare Susi, che dirige il dipartimento di emergenza dell’Asl Roma 4. Il malessere espresso dai camici bianchi dei pronto soccorso per le difficili condizioni di lavoro dura ormai da anni. La Simeu riporta che è in corso “l’estinzione” di questi reparti. Le ragioni lamentate sono l’eccessivo carico di lavoro causato, oltre che dalla mancanza di personale, dall’intasamento di barelle nei corridoi e dalla permanenza prolungata dei pazienti in attesa di ricovero (un fenomeno noto come “boarding”), e stipendi poco gratificanti. “Ogni giorno abbiamo fino a 60-80 pazienti che stazionano in media tre giorni fino a dieci. Capita che non vengano mai trasferiti nel reparto di competenza perché è pieno e li dimettiamo noi direttamente _ continua il vicepresidente Simeu _. A noi però spetta occuparci solo dell’urgenza, della stabilizzazione delle funzioni vitali del paziente, delle sue prime ore dall’ingresso. Non possiamo gestire anche il resto”.
Situazione presente drammatica
I turni restano massacranti: “I miei medici fanno dieci notti al mese anziché le solite 4-5. Un ritmo insostenibile, che non permette il giusto recupero psicofisico”. Per rispondere al fabbisogno di personale il ministero della Salute ha aumentato a 17.400 le borse di specializzazione finanziate dallo Stato per l’anno accademico 2020-2021, 4mila contratti in più rispetto a quelli che esistevano fino all’anno precedente. Ma prima che il medico concluda il percorso di formazione e sia disponibile in corsia passano almeno quattro anni. Sebbene secondo quanto stabilito dalla manovra del 2019 e dal decreto Calabria gli specializzandi dal terzo anno in poi possano essere assunti a tempo determinato dalle aziende sanitarie (anche quelle che non fanno parte della rete formativa attraverso un progetto formativo individuale redatto dalla rispettiva scuola di specializzazione). Nel frattempo però “molti posti messi a bando vanno deserti” ricorda Susi. L’ultimo clamoroso insuccesso quello del concorso indetto dall’ospedale Cardarelli di Napoli per sei posti nella Medicina e chirurgia d’accettazione e d’urgenza a cui non si è iscritto nessuno. “Un flop anche il concorso pubblico per 153 posti in diversi pronto soccorso e 118 del Lazio bandito lo scorso settembre _ riferisce Susi _. Si sono presentati in una sessantina il giorno della selezione, una decina i bocciati e 50 ammessi ma tutti lavoravano già a tempo determinato. Morale: non è stata introdotta nessuna nuova risorsa. Con la fine dello stato di emergenza Covid _ aggiunge _ perderemo anche tutti i pensionati tornati in corsia durante la pandemia”.
La mancanza di posti letto all’origine
Fondamentale è la solidarietà dei cittadini: “Ci devono vedere come degli alleati, non dei nemici, il disagio è anche nostro”, dice il medico. Carlo Palermo, segretario nazionale dell’Anaao, il principale sindacato dei medici ospedalieri, conferma la situazione drammatica: “Se si va avanti così in futuro ci sarà una caccia alle professioni sanitarie fuori dai confini nazionali e ci sarà il rischio di non riuscire a garantire assistenza adeguata per tutti”. All’origine della criticità dei pronto soccorso, oltre alla questione del personale, sostiene Palermo, “c’è il taglio dei posti letto ospedalieri degli ultimi anni. L’Italia oggi ha 3,1 posti letto ogni mille abitanti contro una media europea di 5,3 _ ricorda _. La Germania ne conta quasi 8 per mille abitanti, la Francia 5,8, la Grecia 4,1. La Spagna invece ne ha meno di noi, 2,9. Meno anche in Irlanda, 2,8, e Svezia, 2”. Si spera che con la riforma della sanità territoriale appena varata possa finalmente ridursi la congestione degli ospedali. “Oggi quasi l’80 per cento degli accessi in pronto soccorso è rappresentato da codici bianchi e verdi e di questi circa il 95% non è esitato in un ricovero e avrebbe potuto essere gestito sul territorio _ sottolinea Palermo _. Le case di comunità potranno quindi trattare i casi non urgenti snellendo i reparti d’emergenza e gli ospedali di comunità assorbire i casi che richiedono interventi di bassa e media intensità liberando posti letto per acuti”.
Incentivo per la professione
Per rendere più appetibile la professione, nella legge di Bilancio per il 2022 è stata prevista un’indennità accessoria (a decorrere da quest’anno) per chi lavora in pronto soccorso, che vale complessivamente 90 milioni di euro, “ma per l’aumento in busta paga l’indennità dovrà prima essere inserita nel prossimo accordo collettivo nazionale di lavoro. Siamo in alto mare _ avvisa Palermo _. L’accordo 2016-2018 è stato firmato ma resta in gran parte inapplicato e quello del triennio 2019-2021 ancora non è stato sottoscritto. I nostri medici _ chiude il segretario Anaao _ guadagnano il 40 per cento in meno all’anno rispetto ai colleghi dell’Europa occidentale”.
Fonte: Corriere della Sera