La strage delle api in Pianura Padana

Le api sono sempre più a rischio e con esse anche il futuro della biodiversità. Il ruolo degli insetti impollinatori nel mantenimento degli equilibri della natura è noto da tempo, eppure poco ancora viene fatto per la loro salvaguardia. Le giornate celebrative (caduta il 20 maggio scorso) nascono con ottimi intenti, quelli di smuovere le coscienze e tenere desta l’attenzione sui problemi. Ma spesso finiscono con l’essere solo lo strumento, a buon mercato, con cui tranquillizzarle (o scaricarle) le coscienze.
Il fenomeno dell’assottigliamento continuo delle popolazioni di impollinatori è noto da tempo. Così come sono note le cause, che sono principalmente due e entrambe legate alle attività umane: l’urbanizzazione, che toglie spazi alla natura; e l’uso massiccio di pesticidi e fertilizzanti chimici nelle coltivazioni. C’è poi il tema dei cambiamenti climatici, che condizionano i cicli delle fioriture e che causano fenomeni atmosferici che provocano danni diretti e indiretti sull’ambiente e sui cicli vitali degli stessi insetti. L’Efsa, l’Agenzia europea per la sicurezza alimentare, ha annunciato l’avvio di un nuovo progetto di monitoraggio (“Must B”) che verrà sviluppato nei prossimi tre anni per creare un simulatore di colonia d’api in grado di valutare gli effetti dell’esposizione degli insetti a una o più sostanze chimiche o a stress di altro genere. Ma già adesso è possibile vedere una correlazione diretta tra l’uso dei pesticidi e lo spopolamento degli alveari. Basti prendere il caso della Lombardia, e non solo.
Nelle province di Cremona, Lodi, Mantova e Brescia _ rileva un dossier di Greenpeace _ si sono registrate negli ultimi mesi significative perdite di insetti. E per significative si intende qualcosa come 10 milioni di api che non hanno più fatto ritorno nei loro alveari. Non è che abbiano smarrito la via di casa. Semplicemente sono morte. La perdita riguarda le bottinatrici, ovvero le api che si avventurano all’esterno per raccogliere nettare e polline. Ma anche all’interno degli alveari le cose non sono andate meglio, con la nascita di api sottodimensionate e con aspettative di vita ridotte. Il tutto con ricadute negative sulla produzione del miele proprio nella stagione delle fioriture, quella di massima attività degli insetti. Va da sè che questo sia anche un significativo campanello di allarme: quello che è accaduto alle api potrebbe accadere anche ad altri insetti e, a cascata, all’intero ecosistema.
Il problema non è nuovo e già lo scorso anno diverse associazioni di apicoltori lombardi avevano depositato una denuncia presso la Procura della Repubblica di Cremona per inquinamento ambientale. Era infatti accaduto che, nel mese di agosto, si registrassero fenomeni anomali di avvelenamento in oltre 200 alveari con la perdita stimata, in quel caso, di circa 6-7 milioni di insetti. Non se la passa meglio il Nord Ovest, dove sulla moria di insetti ha indagato l’Izsto, l’Istituto zooprofilattico sperimentale di Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta.
“Le zone interessate hanno una forte vocazione agricola e sono caratterizzate dalla presenza di monocolture di mais utilizzato prevalentemente per la produzione di mangimi _ commenta Federica Ferrario, responsabile Agricoltura di Greenpeace Italia . La morte di molti insetti negli ultimi mesi ha coinciso proprio con il periodo di semina del mais, che avviene in gran parte mediante sementi cosiddette conciate, ovvero trattate con pesticidi. Sempre in questo periodo molti terreni agricoli vengono sottoposti a trattamenti di presemina con diserbanti e questo proprio mentre i campi sono pieni di fioriture di vario genere, tra cui quella del tarassaco, un fiore che fa gola alle api”. «Non è poi raro aggiunge Ferrario _ che le sostanze chimiche usate per queste operazioni raggiungano, per l’azione del vento, anche la vegetazione spontanea che circonda i campi”. L’accoppiata tra diserbo e semina effettuati entrambi con massiccio ricorso alla chimica crea insomma un cocktail letale per gli insetti l’intero periodo primaverile. La Procura di Cremona, dopo la presentazione dell’esposto, ha avviato indagini e sta ancora lavorando, avendo chiesto una proroga. «Evidentemente _ è la conclusione di Greenpeace _ c’è materiale su cui investigare».
Il ministro della Transizione ecologica, Massimo Cingolani, ha ricordato che le api e gli insetti impollinatori sono “preziosi per il mantenimento del nostro patrimonio di biodiversità” e che la loro sopravvivenza “è messa seriamente a rischio dai cambiamenti climatici e dai fenomeni legati all’inquinamento ambientale”. Il Mite, come si chiama oggi il ministero dell’Ambiente, fa sapere che per il triennio 2019-2021 sono stati impegnati fondi per 5,6 milioni di euro per tutelare gli insetti impollinatori e ricorda la direttiva firmata a marzo per implementare le attività di monitoraggio sulle popolazioni di impollinatori. “Ma quello che servirebbe realmente _ chiosa Federica Ferrario _ è una reale transizione per passare dalle attuali pratiche agricole industriali e intensive verso metodologie di tipo agroecologico. Si può fare, occorre agire a livello Ue sul prossimo piano strategico della Politica agricola comune e a livello nazionale utilizzando saggiamente in fondi del Recovery Plan, oltre che riformando il Piano di azione nazionale per l’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari, scaduto ormai dal febbraio 2018”. E ancora: “Le dichiarazioni da sole non potranno influire su quanto sta avvenendo in Pianura Padana e nelle zone dove si pratica agricoltura industriale. Le api, gli impollinatori e la biodiversità, se non si cambia, continueranno ad essere vittime di un modello di produzione di cibo che favorisce pochi a scapito di tanti”.

Fonti: Greenpeace – Corriere della Sera