Disabili, il licenziamento passa per la Commissione Medica

Il datore di lavoro può licenziare un disabile nel caso di aggravamento delle condizioni di salute, oppure di cambiamenti significativi nell’organizzazione del lavoro, solo nel caso che la Commissione Medica accerti l’impossibilità del reinserimento del lavoratore anche nel caso di riorganizzazione del lavoro. Questo è quanto ha stabilito la Corte di Cassazione in una recente sentenza accogliendo il ricorso di un disabile palermitano.
L’azienda aveva licenziato il lavoratore a seguito di un accertamento del medico competente che lo aveva dichiarato inidoneo alle sue mansioni. Dopo due gradi di giudizio, che gli avevano dato torto dichiarando irrilevante il fatto che la decisione fosse stata presa da un medico competente invece che da una Commissione Medica, la Cassazione ha invece accolto il suo ricorso.
La Cassazione sottolinea che la legge n. 68 del 1999 indica espressamente che “nel caso di aggravamento delle condizioni di salute o di significative variazioni dell’organizzazione del lavoro, il disabile può chiedere che venga accertata la compatibilità delle mansioni a lui affidate con il proprio stato di salute. Nelle medesime ipotesi il datore di lavoro può chiedere che vengano accertate le condizioni di salute del disabile per verificare se, a causa delle sue minorazioni, possa continuare ad essere utilizzato presso l’azienda”. Se viene riscontrato un peggioramento della salute che rende incompatibile la prosecuzione dell’attività lavorativa “il disabile ha diritto alla sospensione non retribuita del rapporto di lavoro fino a che l’incompatibilità persista”. Gli accertamenti devono essere effettuati dalla Commissione Medica. Eventualmente “il rapporto di lavoro può essere risolto nel caso in cui, anche attuando i possibili adattamenti dell’organizzazione del lavoro, la predetta commissione accerti la definitiva impossibilità di reinserire il disabile all’interno dell’azienda”.
La Corte inoltra specifica che, come indicato da una precedente sentenza del 2002, “il licenziamento dell’invalido assunto in base alla normativa sul collocamento obbligatorio segue la generale disciplina normativa e contrattuale solo quando è motivato dalla comune ipotesi di giusta causa e giustificato motivo, mentre, quando è determinato dall’aggravamento dell’infermità che ha dato luogo al collocamento obbligatorio, è legittimo solo in presenza delle condizioni previste dalla L. n. 482 del 1968, art. 10, ossia la perdita totale della capacità lavorativa o la situazione di pericolo per la salute e l’incolumità degli altri lavoratori o per la sicurezza degli impianti, accertati dall’apposita commissione medica”.
La Cassazione conclude che “spettava alla commissione medica integrata, eventualmente adita dal datore di lavoro _ come la disposizione ammette _ accertare le condizioni di salute del disabile assunto obbligatoriamente per verificare se, a causa delle minorazioni o del loro aggravamento, potesse continuare ad essere utilizzato presso l’azienda. In caso di accertata incompatibilità il disabile avrebbe avuto diritto alla sospensione non retribuita del rapporto di lavoro fino a che l’incompatibilità persisteva. Solo nel caso in cui la commissione integrata avesse accertato la definitiva impossibilità di reinserire il disabile all’interno dell’azienda, anche attuando i possibili adattamenti dell’organizzazione del lavoro, il rapporto di lavoro avrebbe potuto essere risolto”.