Così come in Gran Bretagna, l’immunità calerà anche in Italia ed è dunque necessaria per tutti la terza dose di vaccino. Lo dice Andrea Crisanti, spiegando che “studi solidi dimostrano che dopo sei mesi la protezione contro l’infezione cala dal 95 al 40% e contro la malattia grave dal 90 al 65%. Il richiamo è il completamento della protezione. Non sappiamo quanto duri, ma in altre vaccinazioni vale per anni. Certo pone ulteriori problemi sociali interni ed etici rispetto al terzo mondo, anche se dubito che questi vaccini siano utilizzabili nei Paesi svantaggiati. Il picco della campagna vaccinale è stato tra aprile e luglio, dunque da novembre a febbraio potremmo avere problemi. Per questo serve la terza dose”.
Per il professore ordinario di Microbiologia all’Università di Padova, “arrivare al 90% dei vaccinati garantirebbe un equilibrio che con la terza dose potrebbe diventare buono, altrimenti c’è il rischio inglese. L’effetto Green Pass dimostra che è ancora possibile convincere a vaccinarsi, cioè salvare vite, per cui attenzione a non regalare gli impauriti ai No Vax”. “Bisogna coinvolgere le persone paurose, ansiose e fragili“, dice Crisanti, secondo il quale il Green Pass è la spinta giusta, “è da sempre il suo obiettivo. L’importante è non regalare ai contestatori, che sono pochi, le persone psicologicamente fragili, che vanno recuperate senza obblighi e imposizioni, mentre i tamponi devono restare a pagamento, ma lascerei le aziende libere di offrirli ai dipendenti per non esasperare il conflitto. Poi sarebbe preferibile fare più molecolari che antigenici, questi ultimi sono meno affidabili e con l’influenza che fa confusione bisogna mettere in sicurezza i luoghi chiusi. In questo senso i nuovi molecolari distinguono tra Sars-Cov-2 e influenza”.
Il microbiologo commenta infine l’ultimo rapporto Aifa secondo il quale su oltre 84 milioni di dosi somministrate meno dello 0,02 per cento ha avuto effetti collaterali gravi, spesso risoltisi, e 16 sono stati i decessi correlabili: “Numeri bassissimi che testimoniano la sicurezza dei vaccini, che non possono essere considerati sperimentali dopo miliardi di dosi, mentre le cure sono palliative ed empiriche, tanto che si muore ancora di Covid. I vaccini evitano malattia grave, ospedalizzazione e morte”.
Dal canto suo Bassetti, direttore della Clinica di Malattie infettive del Policlinico San Martino di Genova, sul picco di contagi Covid nel Regno Unito, ha affermato che “gli inglesi hanno scelto una filosofia diversa dalla nostra, hanno levato tutte le misure di restrizione da mesi. Da luglio non usano più la mascherina, prima di raggiungere la copertura vaccinale simile alla nostra. Noi invece, con piedi di piombo e piccoli passi, possiamo raggiungere a fine dicembre, tra vaccinati e immuni, il 90% della popolazione generale”.
“Dall’inizio del 2022 potremmo quindi anche noi dire addio ad altre misure come il Green pass e la mascherina al chiuso o all’aperto _ ribadisce Bassetti . Quindi sul picco di casi registrati nel Regno Unito dico: guardiamo a casa nostra. Continuiamo con la strategia che abbiamo messo in campo fino ad oggi“. “Sui numeri inglesi _ spiega infine _ occorre poi fare attenzione: è vero che c’è stata un’impennata di contagi, più alto che a luglio; ma poi, se vediamo i ricoveri e i decessi, non sono proporzionatamente così alti. Circa 145 decessi, ma è un Paese che viaggiava con oltre 1.000 morti al giorno”
Pareri diversi, ma complementari, che ribadiscono quanto sia importante non abbassare la guardia, incentivando le vaccinazioni e continuando ad adottare le misure anti Covid per mezzo di ausili individuali e pratiche igieniche corrette.