Covid e tumori, screening a rilento

Mammografia, Pap test o Hpv-Dna test ed esame per la ricerca del sangue occulto nelle feci salvano ogni anno migliaia di vite perché permettono di scoprire la presenza di un tumore ai primi stadi, quando è più facile da curare e le possibilità di guarire sono maggiori. A causa dell’epidemia di nuovo coronavirus, però, i programmi di screening nel 2020 hanno avuto una brusca battuta d’arresto: milioni di italiani non hanno infatti ricevuto dalla Asl la lettera d’invito ad eseguire gratuitamente gli esami con il rischio concreto che i ritardi portino, nei prossimi mesi e anni, a diagnosi di cancro in fase molto più avanzata compromettendo tanti dei successi ottenuti negli ultimi decenni. Che fare? Se da un lato, a livello istituzionale, viene sollecitata una rapida riorganizzazione e ripresa degli screening, in modo da non accumulare ulteriori rallentamenti, dall’altra ognuno di noi può fare una cosa semplice, ma che salva la vita: prestare ancora maggiore attenzione ai possibili campanelli d’allarme e non perdere tempo prezioso se si nota qualcosa di strano.

Due milioni di test oncologici in meno

Sono oltre due milioni i test di screening oncologici eseguiti in meno tra il primo gennaio e il 30 settembre 202o rispetto allo stesso periodo del 2019. Dopo uno stop totale (anche se in modo non omogeneo su tutto il territorio nazionale) durante il lockdown nei mesi di marzo e aprile 2020, da maggio i programmi per la diagnosi precoce dei tumori di mammella, utero e colon retto sono stati riattivati, sempre con tempistiche, intensità e modalità diverse fra le varie regioni e all’interno della stessa regione. A dare con precisione l’allarme è la seconda indagine realizzata dall’Osservatorio Nazionale Screening (Ons), recentemente pubblicata, che illustra l’andamento dei programmi dal primo gennaio al 30 settembre 2020 effettuando una analisi comparativa con l’analogo periodo del 2019, mentre una prima analisi dell’Ons aveva preso in considerazione solo il periodo gennaio-maggio 2020. “Da questa seconda survey emerge che non c’è stato un recupero rispetto al ritardo accumulato precedentemente, ma anzi che il ritardo si è accentuato, anche se il quadro complessivo appare molto eterogeneo con grandi differenze tra le Regioni _ commenta Paola Mantellini, oncologa dell’Istituto per lo Studio, la Prevenzione e la Rete Oncologica di Firenze (ISPRO) e attuale direttore dell’Ons . Per ogni campagna di screening sono stati calcolati gli esami effettuati in meno rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (in numeri assoluti e in percentuale), il numero di mesi standard di ritardo (numero di mesi di attività che sarebbero necessari per recuperare il ritardo con i volumi di attività pre-pandemici di ogni singola Regione) e la stima delle lesioni perse (numero di esami effettuati in meno per il tasso di identificazione medio a livello di ogni Regione)”.

Ritardi di mesi, non ancora recuperati

Complessivamente hanno risposto alla survey 20 Regioni o Province Autonome su 21 (manca la Basilicata e i risultati di 2 su 5 programmi della Calabria). Fra i tre screening, quello che ha reagito meglio è quello mammografico, ma anche in questo caso si registra un aumento dei ritardi. “Se analizziamo il dato in termini di persone esaminate in meno, il ritardo che si sta accumulando è imponente spiega Mantellini : si osserva una riduzione di oltre 2.118.973 esami di screening rispetto al 2019. Anche se il ritardo non è stato recuperato, la velocità con cui questo si è generato si è ridotta: per tutti e tre i programmi di screening infatti, se confrontiamo il periodo giugno-settembre con quello gennaio-maggio, il numero di esami effettuati in meno e i mesi standard di ritardo sono più contenuti rispetto al primo periodo. Questo è certamente dovuto al fatto che in molte regioni ci si è attivati potenziando le attività in particolare nel periodo giugno-settembre”. In dettaglio, sono stati invitati/contattati in meno: 1.162.842 (40,5%) di donne per il tumore del collo dell’utero; 947.322 (34,5%) di donne per il cancro al seno; 1.907.789 (42%) di soggetti per il carcinoma del colon-retto. I test effettuati in meno sono rispettivamente 540.705 (-48,8%) per cui si stimano 2.383 lesioni precancerose CIN2+ perse per le neoplasie della cervice uterina; 610.803 (-43,5%) test e 2.793 carcinomi mammari individuati in meno; 967.465 (-52,7%) esami e 1.168 carcinomi colonrettali persi oltre a 6.667 adenomi avanzati. Secondo le stime il ritardo accumulato in media è di 4,4 mesi per le neoplasie della cervice, 3,9 mesi per quelle al seno e 4,7 mesi per quelle di colon-retto. Importante partecipare: chi riceve l’invito, aderisca “La stima delle lesioni perse è molto importante perché la storia naturale di questi tre tumori è molto diversa precisa Gianni Amunni, direttore generale di ISPRO _. Le conseguenze cliniche maggiori sono potenzialmente a carico dello screening mammografico e di quello colorettale, dove potrebbe capitare che l’individuazione della lesione tumorale si verifichi a uno stadio più avanzato, perdendo quindi una parte del vantaggio legato alla diagnosi precoce”. Ulteriori timori degli specialisti sono poi legati alla partecipazione da parte dei cittadini: la rilevazione condotta dall’Ons ha evidenziato una minore propensione alla partecipazione pari a -17% per lo screening cervicale, a -20% per lo screening colonrettale e -21% per lo screening mammografico. “Sulla base di quanto osservato non sembra essere più nemmeno adeguato parlare di piani di rientro, ma è necessario che il sistema screening vada fortemente ripensato nel suo complesso e con logiche di solida ristrutturazione cioè di corretta, efficiente e stabile allocazione delle risorse” conclude Marco Zappa, epidemiologo ed ex direttore dell’Ons. Nel 2020 in Italia sono stati diagnosticati circa 377mila nuovi casi di tumore, più o meno 1.030 al giorno. Il tempo è un alleato prezioso per avere maggiori probabilità di guarire ed è determinante non ignorare i sintomi e consultare il proprio medico che potrà richiedere gli esami più opportuni. Il più comune segnale della presenza di un cancro al seno è la presenza di un nodulo che non causa dolore e ha contorni irregolari. Altri segnali frequenti sono un rigonfiamento, cambiamenti nella forma della mammella, alterazioni del capezzolo (all’infuori o in dentro) e perdite di liquido o sangue dal capezzolo, rigonfiamento dei linfonodi nell’ascella, intorno alla clavicola o al collo. Quasi il 90% dei carcinomi del colon-retto, poi, si sviluppa a partire da adenomi che impiegano anni (tra 7 e 15, in media) per trasformarsi in forme maligne: la presenza di sangue nelle feci può essere un’importante avvisaglia ed un sanguinamento uterino anomalo indipendentemente dal ciclo mestruale, soprattutto dopo la menopausa, è il campanello d’allarme più frequente anche per quanto riguarda il carcinoma della cervice.