Cancro al seno, al via la sperimentazione di un nuovo vaccino

Molto presto il vaccino per il cancro non sarà più solo un miraggio. Sta infatti per decollare, e il Pascale di Napoli è in prima fila, uno studio clinico mondiale che prevede la somministrazione di quello che in gergo si definisce vaccino “anti Globo H-KLH”, una terapia adiuvante (cioé da realizzare subito dopo l’intervento chirurgico al seno) in donne con tumore “triplo-negativo”. L’obiettivo è quello di aumentare i tassi di guarigione di questo sottotipo di tumore mammario ad alta aggressività. Di questo tema si è discusso durante il congresso Asco (American Society of Clinical Oncology) di Chicago, tempio mondiale della ricerca clinica oncologica. Proprio in questa occasione sono stati presentati i risultati preliminari del vaccino contro il tumore mammario. Tra gli esperti che si sono trovati a confronto c’è anche il professor Michelino De Laurentiis (uno degli artefici del disegno della sperimentazione) è non è un caso, visto che l’Istituto napoletano è l’unica struttura oncologica italiana a prendere parte alla sperimentazione. Pronti a partire entro il 2018, anno nel quale prenderà il via la fase III, quindi uno studio di fase avanzata e in grado di fornire risultati definitivi.
Il Pascale, ovviamente, sarà in prima fila in questa avventura che apre nuovi scenari nella cura della malattia del secolo. Quale il ruolo del Pascale nello sviluppo del vaccino? Centrale, visto che Michelino De Laurentiis ha già ottenuto di affiancare alla sperimentazione principale ulteriori studi di combinazione del vaccino con farmaci inibitori dei checkpoint immunologici su pazienti in fase metastatica. “La disponibilità del vaccino al Pascale _ dice De Laurentiis _ si prospetta come grande opportunità per le pazienti con tumore mammario di avere accesso a trattamenti ad alta innovatività e va nella scia intrapresa negli ultimi anni che hanno fatto del Pascale uno dei centri mondiali col maggior numero di trattamenti innovativi per il tumore della mammella. I farmaci immunoterapici attuali, cosi detti inibitori dei checkpoint immunologici, agiscono sostanzialmente rimuovendo il freno immunologico che il tumore tiene premuto per evitare di essere attaccato dal sistema immunitario.
Ne consegue un’attivazione generica del sistema immunitario che ha il potenziale negativo di scatenare patologie autoimmunitarie nell’organismo. Inoltre, questa risposta immunitaria, proprio perché in qualche modo generica, non è sempre efficace contro il tumore. Questo è forse uno dei motivi per cui l’immunoterapia ha avuto, per ora, successi limitati nelle forme tumorali meno immunogene, come il tumore della mammella. I vaccini terapeutici, invece, mirano a scatenare una risposta immunitaria altamente specifica contro il tumore, in teoria potenzialmente più efficace e con meno effetti collaterali”.