Azienda italiana produce “pelle vegetale” per abiti e salotti

La materia prima per produrre la “pelle vegetale” è ricavata dalle vinacce, da qui il nome “Wineleather”. Un sistema innovativo ed eco-sostenibile che ha vinto il primo premio al Global Change Award promosso da H&M, la famosa azienda svedese di abbigliamento.
Tre anni di studio, investimenti per 200 mila euro, senza grossi sponsor o crowdfunding, fino all’annuncio: “Ce l’abbiamo fatta: abbiamo realizzato la prima pelle assolutamente naturale, senza l’utilizzo di animali o composti sintetici”. Roba da premio Nobel? Più o meno, perché Gianpiero Tessitore e Francesco Merlino, soci fondatori dell’azienda milanese Vegea, e soprattutto inventori della «WineLeather», vegetale al cento per cento e creata dal vino, sono stati invitati pochi giorni fa a Stoccolma per ritirare il primo premio «Global Change Award», organizzato per il secondo anno consecutivo dall’azienda svedese H&M, il cui obiettivo è ricercare potenziali business innovativi e rivoluzionari.
“Lo scorso dicembre ci hanno comunicato che eravamo stati selezionati insieme ad altri venti finalisti. Dopo una breve “call”, siamo rimasti in cinque e, alla fine, la giuria del Web ci ha premiati. E pensare che all’inizio di quest’avventura eravamo addirittura in tremila”, ricorda Tessitore, architetto 37enne, che da qualche anno collabora con l’università di Firenze e il Politecnico di Milano per cercare nuove pelli vegetali, la cui idea è stata incubata e seguita all’interno del Progetto Manifattura di Rovereto, il polo clean tech e dell’economia circolare italiano di Trentino Sviluppo. “Alla fine, ci siamo riusciti, creando un innovativo processo produttivo in grado di trasformare fibre e oli presenti nella vinaccia in un materiale ecologico con le stesse caratteristiche della pelle”, dice l’architetto-inventore.
E’ dalla produzione del vino, quindi, che si ottiene il “miracolo” della pelle più green che esista. “La vinaccia è composta da semi, bucce e raspi d’uva ricavati nel corso della vendemmia: siamo in Italia, nel Paese del vino, dove ne viene prodotto il 18 per cento del mondo, e del fashion, perché non unire le due cose?”, si è chiesto Tessitore. Che non ha perso certo tempo a fantasticare. Dati alla mano, racconta che nel mondo intero la pelle “Wineleather” potrebbe essere ottenuta in quantità più che industriali. “Sulla Terra ogni anno vengono prodotti 26 miliardi di litri di vino, dai quali ricavare sette milioni di tonnellate di vinaccia, praticamente tre miliardi di metri quadri di pelle vegetale l’anno di Wineleather, una superficie equivalente a circa quattrocentomila campi da calcio”.
Per capire che non si tratta di un pensiero da megalomani, anzi, ma che dietro esista piena consapevolezza ecologica, basta ascoltare l’architetto mentre si sofferma sul “problema acqua” legato alla produzione di pelle animale: “Da ricerche fatte, abbiamo notato che per un metro quadro di pelle naturale, occorrono 240 litri d’acqua: per non parlare degli scarti di conciatura che impiegano acidi e metalli pesanti, assolutamente dannosi per la salute degli addetti alla lavorazione di queste pelli”. Con la soluzione made in Vegea, a zero acqua, non ci sarebbero questi problemi. Intanto, dei trecentomila euro ricevuti dal premio H&M, si muove già qualcosa, da vedere e toccare. Rigorosamente “Wineleather”.
Dal 9 al 13 aprile l’Azienda è al Vinitaly, all’interno del padiglione del Trentino, dove ci si potrà sedere e toccare con mano le prime sedute in pelle vegetale al cento per cento realizzate dalla ditta brianzola Micheli.