Ambiente, dal nucleare alla green energy: i pro e i contro

Siamo un pianeta affamato di energia. “Tutte le tecnologie hanno un impatto sull’ambiente, anche l’aria condizionata che utilizziamo d’estate e il riscaldamento che accendiamo d’inverno. D’altronde, l’energia va prodotta, e nessun sistema di produzione è esente dall’avere un impatto sull’atmosfera, sull’acqua o sul suolo”, chiarisce Roberto Ambrosini, ricercatore di ecologia presso il dipartimento di Scienze Ambientali dell’Università Bicocca di Milano.
Gli esempi sono molteplici: qualunque tipo di combustione ha delle conseguenze dirette sull’atmosfera, con l’immissione di anidride carbonica e ossidi di azoto. “Il problema non è semplice. Le centrali nucleari non emettono anidride carbonica, ma bisogna calcolare non solo i loro impatti certi sull’ambiente, derivanti dall’impossibilità di smaltire le scorie, ma anche quelli potenziali, legati alla sicurezza. Di contro, _ continua Ambrosini _ oggi si va verso un utilizzo sempre maggiore delle fonti rinnovabili, ma non dobbiamo nasconderci dietro un dito: l’impatto di queste fonti energetiche è delle volte più alto di quello che si vorrebbe pensare, a causa di alcune particolarità legate al ciclo di vita dell’impianto e degli alti costi di smaltimento”.
L’idroelettrico, spesso descritto come una delle soluzioni migliori in ambito energetico, si traduce nella costruzione di dighe, che hanno un impatto drammatico sull’ecologia dei corsi d’acqua. “La frammentazione dei corsi d’acqua ha conseguenze molto negative sulle popolazioni dei pesci d’acqua dolce, impedendone le migrazioni e distruggendone gli habitat. I laghi artificiali, inoltre, hanno determinato impatti ambientali concreti: la costruzione della diga di Assuan, ha modificato l’ecosistema anche del corso inferiore del Nilo, a valle della diga, fino al Mediterraneo”, continua Ambrosini.
L’accordo di Parigi
Comprendere l’importanza dell’impatto ambientale delle fonti di energia utilizzate è fondamentale, soprattutto considerando gli attuali equilibri politici internazionali, che appaiono sempre più precari, dopo i ripetuti annunci di questi giorni di una uscita degli Stati Uniti dall’accordo di Parigi: “Una eventuale uscita degli Stati Uniti potrebbe innescare un effetto domino oppure essere una sorta di boomerang mediatico, che si ritorcerà contro l’immagine degli Stati Uniti. Quel che è importante ricordare è che la Cina, che con gli Stati Uniti rappresenta la nazione con le maggiori emissioni di anidride carbonica al mondo, ha scelto di aderire all’accordo di Parigi. I cinesi sono pragmatici e il loro totale cambio di rotta sulle questioni climatiche deriva dal fatto che, conti alla mano, le conseguenze del cambiamento climatico possono costare molto di più di quello che si può pensare di guadagnare continuando ad emettere gas serra”, dice Ambrosini.
L’importanza del ciclo di vita del prodotto
L’attenzione però non dev’essere posta solo sulle tecnologie più efficienti, in grado di far risparmiare energia, ma sull’intero ciclo produttivo. “Bisognerebbe iniziare a valutare tutti gli oggetti tecnologici considerando l’intero ciclo produttivo, da quando il device viene prodotto a quando viene dismesso e riciclato. Sarebbe opportuno monitorare il bilancio energetico di ogni fase di vita del prodotto, per effettuare stime più precise su quanto esso sia realmente efficiente o meno”, precisa Ambrosini.
“Ci sono tecnologie che possono essere efficienti ma richiedono un costo energetico di fabbricazione decisamente alto. La valutazione di una tecnologia dovrebbe essere globale, altrimenti si rischia di produrre device che _ in termini energetici _ costano più di quello che fanno risparmiare”, conferma Sergio Brovelli, Professore associato del dipartimento di scienze dei materiali dell’Università Bicocca di Milano.
Un esempio positivo, in tal senso, è costituito dai dispositivi che rendono gli edifici totalmente indipendenti da un punto di vista energetico. “In paesi come l’Italia, che vantano un patrimonio paesaggistico d’eccellenza, iniziative come le solar-farm o i sistemi eolici vengono contestate per l’impatto estetico sul panorama. Inoltre, l’installazione da tetto di sistemi fotovoltaici è limitata a contesti a bassa densità abitativa, mentre gran parte della popolazione vive in alta densità urbanistica”, continua Brovelli.
A livello internazionale, lo spostamento delle popolazioni dalle aree rurali a quelle metropolitane rappresenta un driving force molto forte, specie nei paesi in via di sviluppo. “C’è un bisogno impellente di trovare soluzioni che possano rendere sostenibili tutti quegli edifici che verranno costruiti per rispondere alla capacità abitativa delle nuove aree metropolitane. Il futuro è rappresentato da un edificio sostenibile, che si autoalimenta grazie a tecnologie innovative e che accumula la sua energia in sistemi di batterie. In paesi come l’Italia, che vanta un ricco patrimonio artistico e culturale, si devono sviluppare sistemi energetici che possano essere integrati nell’architettura del palazzo e non contrastino con le norme stabilite dai piani regolatori”, precisa Brovelli.
L’importanza di conoscere la normativa
Per innescare un cambiamento concreto, però, bisognerebbe iniziare ad agire in prima persona e a conoscere alcune delle normative già esistenti, ma che in pochi mettono ancora in pratica: “La legge attuale prevede che quando si possiede un rifiuto tecnologico di piccole dimensioni, questo possa essere portato in un negozio, il quale non può rifiutarsi di prenderlo in carico. Questo obbligo vale per i punti vendita di grandi dimensioni, mentre è facoltativo per i piccoli negozi. La ratio di questa legge è quella secondo cui l’oggetto dovrebbe essere poi riconsegnato a ritroso ai grossisti e, infine, ai produttori; se il meccanismo funzionasse, è chiaro che per i produttori sarebbe conveniente progettare dispositivi facilmente riciclabili, dato che tale riciclo sarebbe poi a loro carico. I negozi di elettronica dovrebbero essere fieri di esporre cartelli che recitano ‘ritiriamo qui il tuo computer rotto’ e le persone dovrebbero essere adeguatamente informate. Se questo meccanismo si attivasse, si arriverebbe in breve tempo alla progettazione di device più ecocompatibili e rispettosi dell’ambiente”, conclude Ambrosini.