Alcol e tumori, un rischio troppo sottovalutato

Viviamo nel continente che consuma il maggior quantitativo di bevande alcoliche: con più di un quinto della popolazione di età superiore ai 15 anni che ingolla quattro bicchieri al giorno almeno una volta a settimana e un utilizzo annuo pro-capite che raggiunge la quota di nove litri. Di conseguenza, senza un’inversione di rotta, dovremo prepararci a un aumento dei tumori dell’apparato digerente: al colon-retto (nei consumatori moderati), a cui si aggiungono quelli all’esofago, allo stomaco, al fegato e al pancreas (nei forti bevitori).
Oltre che _ aspetto non precisato nel report, ma preventivabile sulla base di quanto già dimostrato _ delle neoplasie del cavo orale, della faringe e della laringe. Non usano giri di parole i gastroenterologi europei, nel rapporto che correla i consumi di bevande alcoliche al rischio oncologico per le neoplasie del tratto digestivo. “I problemi di salute correlati al consumo di bevande alcoliche rappresentano una priorità per l’Europa: sia sul piano sociale sia culturale”, afferma Markus Peck. “Bisogna ridurre l’accesso per prevenire il futuro aumento delle vittime, che di questo passo risulterà inevitabile”.
Gli effetti cancerogeni dell’alcol sono ancora troppo sottovalutati
Se pochi giorni fa i riflettori erano stati accesi sul rischio di ammalarsi di tumore al seno, l’ultimo spunto che giunge dalla comunità scientifica riporta l’attenzione sui tumori dell’apparato digerente. Messe assieme, queste neoplasie provocano ogni anno tre milioni di decessi nel mondo: più di un terzo conteggiato per cause oncologiche.
I gastroenterologi europei, nelle 32 pagine del dossier, non hanno usato giri di parole: il problema è endemico e parlare dell’alcol come di un cancerogeno deve diventare una priorità per le istituzioni, dal momento che nove cittadini europei su dieci ignorano il rischio oncologico correlato al consumo di birra, vino e superalcolici. Uno stupore che può essere ricondotto alla scarsa cultura che porta a sottovalutare gli effetti dell’alcol sul nostro organismo, così come fino a mezzo secolo fa avveniva con il fumo di sigaretta.
Eppure il Codice europeo contro il Cancro, redatto dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (Iarc) di Lione riconosce come cancerogene certe per l’uomo. Un messaggio che però non arriva sempre a destinazione, se i consumi risultano in crescita sia lontano dai pasti (nei giovani) sia negli anziani (più abituati a bere a pranzo e a cena).
Alcol e rischio oncologico: non esistono dosi sicure
Vero è che il rischio, così come per gli altri cancerogeni, è direttamente proporzionale alla dose di esposizione: più se ne consuma, maggiori sono le probabilità di ammalarsi. Ma per i consumatori occasionali occorre comunque precisare che “non esistono livelli di consumo sicuri correlati al rischio oncologico”. Tutte le bevande hanno lo stesso effetto, anche se gli esperti non escludono che un piccolo aumento del rischio possa essere ricondotto al consumo di vino di scarsa qualità, “che potrebbe contenere al suo interno altre sostanze dannose”. Un messaggio che cozza con quello diffuso spesso con troppa superficialità, secondo cui un bicchiere di vino al giorno farebbe bene alla salute. L’abbinamento con il fumo, piuttosto frequente, come riportato in una ricerca pubblicata nel 2015 sul “Journal of Neurochemistry”, non migliora la situazione: anzi.
Serve un impegno deciso da parte dell’Unione Europea
Per affrontare la questione, endemica, l’Unione Europea dovrebbe prendere di petto il tema dell’uso dannoso dell’alcol: questo l’appello lanciato dai gastroenterologi europei, che invocano una risposta integrata che contempli l’aumento della tassazione sulle bevande alcoliche, una maggiore regolamentazione delle politiche di marketing (con un’etichettatura più chiara e responsabile) e il miglioramento nell’accesso ai servizi di alcologia (per intercettare prima i consumatori a rischio). Nel dossier viene preso a modello l’esempio della Francia che negli ultimi anni ha vietato i consumi di bevande alcoliche sui luoghi di lavoro, contribuendo al calo già registrato, sia sul piano quantitativo sia dell’incidenza di malattie oncologiche dell’apparato digerente.